Danno all’immagine per reato del dipendente: i criteri di calcolo

Come ricordato recentemente dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Piemonte, nella sent. n. 228/2022, depositata lo scorso 24 ottobre, il danno all’immagine della P.A. conseguente al reato posto in essere dal dipendente non può che essere liquidato in base al criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c., attesa la natura essenzialmente “immateriale” del bene leso.

Cionondimeno, al fine precipuo di evitare soluzioni arbitrarie, la giurisprudenza contabile (tra le tante, sez. giur. Toscana, sent. n. 220/2018) ha elaborato una serie di criteri guida:

  1. di natura oggettiva, inerenti alla natura del fatto, alle modalità di perpetrazione dell’evento pregiudizievole, alla eventuale reiterazione dello stesso, all’entità dell’eventuale arricchimento;
  2. di natura soggettiva, legati al ruolo rivestito dal pubblico dipendente nell’ambito della Pubblica Amministrazione;
  3. di natura sociale, legati alla negativa impressione suscitata nell’opinione pubblica locale ed anche all’interno della stessa Amministrazione, all’eventuale clamor fori e alla diffusione ed amplificazione del fatto operata dai mass-media.

Nel caso specifico si era dinanzi ad una dipendente di un consorzio intercomunale con funzioni apicali che, attraverso una sistematica falsificazione di mandati di pagamento durata diversi anni, era riuscita ad appropriarsi di quasi 600.000 euro; i giudici, nel quantificare il danno all’immagine della P.A. in 30.000 euro, hanno valorizzato i seguenti elementi:

  • l’esteso arco temporale in cui si era verificato il comportamento illegittimo;
  • l’abuso del proprio ruolo istituzionale per appropriarsi di ingenti risorse pubbliche, con totale disprezzo per la propria funzione e per l’Amministrazione da lei rappresentata;
  • la rilevante diffusione mediatica dei fatti commessi;
  • l’avvenuto parziale risarcimento del danno da parte della dipendente, di cui vi era stata diffusione mediatica, trattandosi di circostanza che indubbiamente ha inciso in senso riduttivo del discredito subito dall’Amministrazione, evidentemente capace di tutelare i propri interessi.
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