Appalti: la corretta operatività della c.d. clausola sociale

In materia di appalti, la c.d. clausola sociale (art. 50 del Codice dei contratti pubblici – Decreto Legislativo n. 50/2016) deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, sicché l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione aziendale prescelta dall’imprenditore subentrante: è quanto evidenziato dal TAR Liguria, sez. I, nella sent. 7 giugno 2022, n. 439.

Ne discende che tale clausola non comporta alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un contratto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente società affidataria; con l’ulteriore conseguenza che i lavoratori, che non trovino spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 17 agosto 2020, n. 5049; Cons. St., sez. V, 5 febbraio 2018, n. 731; Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2018, n. 272; Cons. St., sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078; Cons. St., sez. III, 30 marzo 2016, n. 1255).

 

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