Esente da imposta di bollo e di registro il mutuo necessario previsto dagli accordi di separazione fra coniugi

Se la stipula di un mutuo relativo all’abitazione della ex coppia costituisce condicio sine qua non per dare esecuzione agli accordi di separazione, il contratto di mutuo stipulato dall’ex coniuge deve ricomprendersi tra i contratti della crisi coniugale che godono dell’esenzione dall’imposta di bollo e di registro prevista dall’art. 19 della Legge n. 74/1987: è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 260/2022, pubblicata lo scorso 11 maggio.

L’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, recante “Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”, dispone che “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

Nel caso specifico, gli accordi di separazione stabilivano che l’immobile – residenza familiare e acquistato a suo tempo dai coniugi in regime di comunione di beni – venisse attribuito per intero al marito, con l’obbligo dello stesso di corrispondere alla moglie, contestualmente all’atto di trasferimento, una somma destinata anche all’estinzione del finanziamento già contratto congiuntamente dai coniugi in passato; in particolare, il marito avrebbe dovuto procedere all’accensione di un nuovo finanziamento (interamente a lui intestato) espressamente destinato e quale ‘condicio sine qua non’ per dare esecuzione agli accordi di separazione.

Secondo l’Agenzia, posto che il mutuo rientra negli atti realizzativi degli accordi coniugali che, a loro volta, rientrano nella nozione di ‘atti relativi al procedimento di separazione o divorzio’ ex art. 19 della Legge n. 74/1987, con la conseguenza che l’esenzione in discorso può essere riconosciuta, purchè tale condizione di necessarietà risulti dalle clausole contenute nell’accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale.

Ricordiamo che, con circolare n. 27/E del 21 giugno 2012, era già stato chiarito che, dal punto di vista oggettivo, l’esenzione di cui al citato art. 19 si riferisce a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso.

Al riguardo, la Corte di Cassazione, in una controversia concernente l’agevolazione ‘prima casa’ usufruita dagli ex coniugi per l’acquisto di un immobile, poi rivenduto a terzi prima dello scadere dei cinque anni dall’acquisto, ha affermato che “la ratio della L. n. 74 del 1987, articolo 19, (…) è quella di favorire la complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede (…) ed, infatti (…) la L. n. 74 del 1987, articolo 19, dispone in via assolutamente generale l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa degli atti stipulati in conseguenza del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, a seguito di Corte Cost. n. 154 del 1999, anche del procedimento di separazione personale tra coniugi, senza alcuna distinzione tra
atti eseguiti all’interno della famiglia e atti eseguiti nei confronti di terzi
” (cfr. ordinanza del 21 marzo 2019, n. 7966; anche risoluzione n. 80/E del 9 settembre 2019).

Inoltre, sempre relativamente all’applicazione dell’art. 19 della Legge n. 74 del 1987, con l’ordinanza 17 febbraio 2021 n. 4144, la Corte di Cassazione ha affermato che “l’esenzione (…) si estende a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici (…). L’agevolazione va, quindi, riconosciuta in riferimento ad atti e convenzioni posti in essere nell’intento di regolare (…) i rapporti patrimoniali tra i coniugi conseguenti allo scioglimento del matrimonio, o alla separazione personale, compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili ed immobili all’uno o all’altro coniuge (…)”. In particolare, come chiarito dai giudici di legittimità, “L’elemento fondamentale che sorregge questo indirizzo va dunque individuato nella centralità dell’accordo tra le parti nella definizione della crisi coniugale e nell’ottica di favore
con il quale il legislatore vede tale modalità di definizione. Ciò con riguardo tanto agli atti separativi di contenuto ‘necessario’ (consenso reciproco a vivere separati, affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare nell’interesse della prole, assegno di mantenimento in presenza dei relativi presupposti) quanto a quelli di contenuto ‘eventuale’ (patti di eterogenea natura che trovano occasione nella separazione, ma costituenti accordi patrimoniali del tutto autonomi conclusi dai coniugi per l’instaurazione del regime di vita separata). (…) La materia è stata fatta oggetto di un intervento additivo da parte della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 154 del 1999 (…) ha esteso il regime fiscale di favore al procedimento di separazione coniugale, dando così impulso ed ulteriore fondamento alla successiva evoluzione dell’ordinamento in tal senso Evoluzione destinata a far rientrare gli accordi comportanti trasferimenti patrimoniali dall’uno all’altro coniuge, (…), nell’ambito delle ‘condizioni della separazione’ di cui all’articolo 711 c.p.c. in considerazione del carattere di ‘negoziazione globale’ che la coppia in crisi attribuisce al momento della ‘liquidazione del rapporto coniugale’, attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati ‘contratti della crisi coniugale’, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi (Cass. n. 2111/16 cit.)
”.

 

 

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