Il Comune non può negare l’accesso difensivo ex art. 22 della Legge n. 241/1990 perché l’interessato non si sarebbe attenuto alle prescrizioni del modello di domanda predisposto, omettendo di documentare il titolo di proprietà dei propri beni mediante i relativi rogiti: è quanto affermato dal TAR Molise, sez. I, nella sent. 14 marzo 2022, n. 71.
Infatti, secondo i giudici, il modello predisposto dagli uffici comunali è solo una sorta di “interfaccia” con l’utenza, che l’Amministrazione utilizza al precipuo scopo di schematizzare gli oneri del privato e i correlativi adempimenti cui sarebbe tenuto il personale amministrativo addetto al relativo sportello; esso, quindi, non integra una fonte del diritto e, pertanto, non può valere a giustificare l’imposizione a carico dei privati di oneri di documentazione privi di preciso riscontro nelle previsioni della normativa vigente.
Nel caso specifico, la pretesa ostensiva riguarda documenti afferenti la regolarità edilizia ed urbanistica di interventi in corso di esecuzione su immobili posti in una relazione di stabile collegamento -anche di natura commerciale- con quelli del richiedente, il quale era residente nel Comune e proprietario di immobili situati nella zona ove era ubicato l’immobile del quale si chiedeva l’accesso ai documenti e, inoltre, era amministratore di una società con sede nella medesima via.
All’istanza di accesso il confinante-richiedente aveva allegato la carta di identità (da cui si poteva evincere la residenza) e la visura camerale della società di cui il richiedete era socio e membro del consiglio di amministrazione, da cui poteva evincersi che la relativa sede era nella medesima via dell’immobile di cui si chiedeva l’ostensione dei provvedimenti; inoltre, aveva fornito anche dettagli sul tipo di intervento edilizio riscontrato nel fondo del vicino, gli estremi catastali identificativi del mappale e la denominazione della società proprietaria del terreno.
Orbene, a fronte di tale documentazione, secondo i giudici pare indubbio che il Comune, in assenza di eventuali elementi conoscitivi in proprio possesso denotanti un’ipotetica erroneità dei dati forniti dal richiedente, avrebbe avuto basi già sufficienti (e comunque integrabili attraverso una diligente attivazione del soccorso istruttorio) per consentire l’accesso ai documenti di cui all’istanza ostensiva, sul fondamento degli interessi personali e commerciali che l’avevano stimolata.
La motivazione del rigetto si manifestava dunque, sul punto, del tutto erronea (se non addirittura pretestuosa), essendo evidente che l’interesse del richiedente era privo di velleità di controllo generalizzato dell’agere pubblico e perseguiva la precisa esigenza di avere contezza della natura, finalità e consistenza dei lavori afferenti a tale specifico intervento.