Le condizioni per la revoca legittima dell’alienazione di un bene comunale

Il Comune, tramite apposita delibera consiliare, può revocare la propria decisione di alienare un bene del patrimonio disponibile nel rispetto di quanto previsto dall’art. 21-quinquies della Legge n. 24/1990, ossia dinanzi a sopravvenuti motivi di interesse pubblico, ad un mutamento della situazione di fatto (imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento) e ad una rinnovata e diversa valutazione dell’interesse pubblico originario: è quanto ricordato dal TAR Marche, sez. I, nella sent. 8 giugno 2023, n. 339.

Nel caso specifico analizzato dai giudici, un Comune aveva originariamente deliberato l’alienazione di un ex lavatoio pubblico onde evitare un onere finanziario per il ripristino dello stato dei luoghi quale ipotesi alternativa all’alienazione, essendo stato, tale manufatto, realizzato su proprietà privata e senza la preventiva acquisizione dell’area; successivamente, però, prima della formalizzazione dell’alienazione, l’Ente era stato assegnatario di un contributo per la riqualificazione urbana del borgo, intervento che prevedeva, tra l’altro, la demolizione dell’ex lavatoio, anche al fine di procedere alla sistemazione della viabilità interna all’abitato; conseguentemente, il Comune aveva deciso di revocare la precedente delibera di alienazione.

I giudici, considerato che la seconda delibera aveva ben rappresentato le ragioni di opportunità e di pubblico interesse sottese alla revoca dell’originaria decisione di alienazione, hanno ritenuto legittimo l’esercizio del potere di revoca, sia perché tale tipologia di decisione rimane comunque discrezionale, sia perché la nuova situazione verificatasi (ossia, il finanziamento pubblico per il ripristino della viabilità che avrebbe comportato la demolizione dell’ex lavatoio) era sicuramente rilevante e sopravvenuta rispetto all’originaria decisione di alienare il bene.

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