La corretta funzione dell’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria secondo la Corte dei conti

Un ricorso costante e senza sostanziale soluzione di continuità all’anticipazione di tesoreria sconfina in una forma (anomala) d’indebitamento, trasformando l’anticipazione in una forma di debito di medio termine, in difformità dall’art. 119 della Costituzione che pone stringenti limiti in ordine all’utilizzo dell’indebitamento, con ogni conseguenza prevista dall’ordinamento; inoltre, il prolungato ricorso all’anticipazione di tesoreria determina ingiustificati costi per l’Ente ed è un indice sintomatico di un grave squilibrio strutturale, espressione dell’incapacità dell’Ente di far fronte, con le entrate ordinarie, ai pagamenti ed è sintomatica della difficoltà in cui esso si trova nella riscossione delle proprie entrate: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. di controllo per la Regione Siciliana, nella delib. n. 94/2023/PRSP depositata lo scorso 22 marzo.

L’anticipazione di tesoreria rappresenta una forma di finanziamento cui l’Ente locale può ricorrere, nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 222 Tuel (Decreto Legislativo n. 267/2000), per far fronte a momentanee esigenze di liquidità: la gestione della stessa si caratterizza per l’emissione da parte del tesoriere di provvisori in entrata e spesa correlati rispettivamente ad utilizzi e restituzioni/diminuzioni, cui segue la regolarizzazione da parte dell’Ente, talché, a fine anno, l’anticipazione utilizzata e non restituita, risultante dalla differenza tra gli utilizzi e le restituzioni, rappresenta un debito da impegnare, sub specie di residuo passivo, segnatamente al titolo V della spesa (ex titolo III) (sul punto cfr. delib. n. 101/2016 della sez. reg. Marche).

In generale, può dirsi che l’anticipazione di cassa sia un negozio caratterizzato da una causa giuridica mista, nella quale si combinano la funzione di finanziamento con quella di razionalizzazione dello sfasamento temporale tra flussi di spesa e di entrata, attraverso un contratto di finanziamento a breve termine tra Ente pubblico e tesoriere.

Come evidenziato da numerose pronunce delle sezioni regionali della Corte dei conti (cfr. sez. reg. di controllo per la Liguria, delib. n. 58/2019/PRSE del 24 maggio 2019; sez. reg. di controllo per il Piemonte, delib. n. 127/2019/PRSE del 7 novembre 2019), l’anticipazione di tesoreria costituisce una forma di finanziamento a breve termine cui gli enti dovrebbero ricorrere solo per far fronte a momentanei problemi di liquidità: l’utilizzo di questo strumento finanziario ha carattere eccezionale e avviene nei casi in cui la gestione del bilancio abbia generato, principalmente in conseguenza della mancata sincronizzazione tra flusso delle entrate e decorrenza dei pagamenti, temporanee carenze di cassa in rapporto ai pagamenti da effettuare in un dato momento; se, viceversa, il ricorso ad anticipazioni del tesoriere è continuativo e protratto per un notevole lasso temporale, e per importi consistenti, rappresenta un elemento fortemente critico della gestione finanziaria.

Come ricordato dalla richiamata pronuncia della Sezione ligure, «Il fenomeno […] induce a dubitare che la perdurante sofferenza di liquidità derivi da un mero disallineamento temporale fra incassi e pagamenti e, invece, costituisca un sintomo di latenti e reiterati squilibri nella gestione di competenza tra le risorse in entrata che l’ente può effettivamente realizzare e le spese che si è impegnato a sostenere. Nei casi più gravi, inoltre, esso potrebbe dissimulare forme di finanziamento a medio/lungo termine e, pertanto, nella sostanza configurare una violazione del disposto dell’articolo 119 della Costituzione (che consente di ricorrere ad indebitamento solo per finanziare spese di investimento)». Anche la citata pronuncia della Sezione regionale di controllo per il Piemonte ha precisato che «Laddove […] vi sia un ricorso costante e senza sostanziale soluzione di continuità all’anticipazione di tesoreria […] l’ente invero sconfina in una forma (anomala) d’indebitamento, trasformando l’anticipazione in una forma di debito di medio termine senza tenere conto degli obblighi statuiti dall’art. 119 della Costituzione che pone stringenti limiti in ordine all’utilizzo dell’indebitamento, con ogni conseguenza di legge».

La Corte Costituzionale, con sent. n. 188/2014, ha precisato che “Se il carattere di finanziamento a breve termine sembra ascrivere l’anticipazione di cassa alla categoria dell’indebitamento e, in quanto tale, determina il problema della sua compatibilità con l’art. 119, sesto comma, Cost., non si può disconoscere, in punto di fatto, l’esistenza nella legislazione statale di norme che autorizzano, entro specifici limiti, gli enti territoriali a ricorrere all’anticipazione (art. 222 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” ed art. 10, comma 4, della L. 16 maggio 1970, n. 281, recante “Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario”). Ciò deriva dal fatto che il legislatore statale – ancorché nel definire i confini della nozione di indebitamento sia vincolato ai “criteri adottati in sede europea ai fini del controllo dei disavanzi pubblici” (sentenze n. 425 del 2004) – ha cercato di conciliare, attraverso l’enunciazione di disposizioni specifiche la gestione di particolari contingenze del servizio di tesoreria con il rispetto dei vincoli concordati in sede europea. Sulla base di tale bilanciamento, che non può prescindere dalle indicazioni elaborate in sede comunitaria, la causa di finanziamento dell’anticipazione è stata ritenuta compatibile col divieto di cui all’art. 119, sesto comma, Cost. nei casi in cui l’anticipazione sia di breve durata, sia rapportata a limiti ben precisi e non costituisca surrettiziamente un mezzo di copertura alternativo della spesa (principi trasposti, tra l’altro, nell’art. 3, comma 17, della richiamata L. n. 350 del 2003). In pratica, sono questi i caratteri che ne fanno “un finanziamento non comportante indebitamento””.

Come si desume dalla normativa e dalla giurisprudenza sopra riportata, detto istituto è un’operazione eccezionale volto al superamento di crisi di liquidità meramente temporanee; conseguentemente, esso non può divenire mezzo ordinario e fisiologico di gestione per il pagamento delle spese, fattispecie che ove si verifichi costituisce sintomo di una endemica sofferenza di liquidità (cfr. sez. reg. di controllo per il Piemonte, delib. n. 68 del 16 giugno 2020; sez. reg. di controllo per la Lombardia, delib. n. 107/2020/PRSE).

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