Rettifica originaria richiesta di rimborso di un credito IVA: le indicazioni dell’Agenzia delle Entrata

Come ricordato recentemente dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 328/2002, pubblicata lo scorso 9 giugno, la possibilità di rettificare l’originaria richiesta di rimborso del credito IVA, optando invece per la compensazione, è stata già ammessa da alcuni documenti di prassi.

Originariamente, detta facoltà è stata riconosciuta – in assenza di una disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA distinta ed autonoma da quella propria delle imposte sui redditi e dell’IRAP – mediante la presentazione della cd. dichiarazione integrativa “a favore” nei termini di cui all’art. 2, comma 8-bis, del DPR n. 3221998, nella formulazione vigente fino al 23 ottobre 2016, ovvero “non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo” (cfr. in tal senso, le circolari 6 maggio 2011, n. 17/E; 19 giugno 2012, n. 25/E e 27 ottobre 2015, n. 35/E).

Successivamente, l’art. 5, comma 1, lett. b), n. 2), del DL n. 193/2016, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha aggiunto il comma 6-bis all’art. 8 del DPR n. 322/1998, attualmente in vigore, così introducendo una disciplina “ad hoc” della dichiarazione integrativa ai fini IVA. La norma in parola stabilisce che “le dichiarazioni dell’imposta sul valore  aggiunto possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare […] non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

La nuova disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA, distinta ed autonoma ma modellata e tendenzialmente coincidente con quella propria delle imposte sui redditi e dell’IRAP (anch’essa modificata dal medesimo art. 5 del DL n. 193/2016), equipara i termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore dell’Amministrazione finanziaria o del contribuente.

Con la risposta ad interpello n. 231/2020 sono stati forniti ulteriori chiarimenti in merito alla possibilità di rettificare l’originaria richiesta di rimborso del credito IVA, optando invece per la compensazione. A tal proposito, il documento di prassi richiamato consente di modificare la scelta dell’utilizzo del credito IVA (da rimborso a detrazione/compensazione):

  • sempreché il rimborso non sia stato ancora eseguito;
  • presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 del DPR n. 633/1972;
  • indicando il credito risultante dalla dichiarazione integrativa nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa stessa.

L’art- 57 del DPR n. 633/1972, nel disciplinare il “Termine per gli accertamenti” ai fini IVA, stabilisce:

  • al comma 1, che “Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’articolo 54 e nel secondo comma dell’articolo 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”;
  • al comma 3, che “Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna”.

Relativamente al “differimento” dei termini per l’accertamento ai fini IVA, disciplinato dal citato comma 3, con la circolare 24 dicembre 1997, n. 328, è stato chiarito che “Tale misura assolve la funzione cautelativa di evitare le frodi o il mancato assolvimento dell’imposta a danno dell’Erario, da parte di quei contribuenti che, non ottemperando deliberatamente alla richiesta dell’Ufficio di presentazione di detta documentazione, mirano a far decorrere i termini di decadenza previsti dalle vigenti disposizioni, allo scopo di legittimare posizioni irregolari o debitorie nei confronti dell’Ufficio, che si troverebbe così nell’impossibilità di poter effettuare i necessari controlli”.

Ciò premesso, nella citata risposta n. 328/2022, l’Agenzia ha chiarito che il rinvio ai “termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” ad opera del comma 6-bis dell’art. 8 del DPR n. 322/1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA – non possa che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’art. 57 per le motivazioni di seguito esposte.

Anzitutto – per finalità di coerenza ed organicità del sistema – vi è l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell’IRAP – ai termini di cui all’art. 2, comma 8-bis, del DPR n. 322/1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA.

L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.

Orbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato art. 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.

Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Amministrazione Finanziaria, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.

Resta fermo che, in base all’art. 1 del DPR n. 443/1997, nell’ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall’art. 30 del DPR n. 633/1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la detrazione, successivamente alla notificazione del provvedimento di diniego, in sede di liquidazione periodica ovvero nella dichiarazione annuale.

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