L’importanza dell’analisi dei flussi di cassa del Comune secondo la Corte dei conti

L’analisi dei flussi di cassa si rivela, per più aspetti, elemento essenziale nell’ambito dei controlli di pertinenza della Corte dei Conti: è quanto ribadito nella recente delib. n. 98/2020/PRSP della Corte dei Conti, sez. reg. contr. Calabria, depositata lo scorso 12 maggio.

Come evidenziato dalla Corte Costituzionale, “I saldi attivi di cassa… non sono di per sé sintomatici di sana e virtuosa amministrazione in quanto legati ad una serie di variabili negative, tra le quali spicca la possibile esistenza di debiti sommersi in grado di dissimulare la reale situazione economico-finanziaria” (sentenza n. 101 del 2018). È altrettanto vero, però, che una situazione di deficit di cassa è uno dei principali indicatori di squilibrio finanziario di cui devono essere analizzate le cause, e al quale devono essere trovati gli opportuni rimedi, così da ripristinare regolari flussi che consentano all’ente di far fronte agli obblighi di pagamento con tempestività e nel rispetto della normativa europea.

L’equilibrio di cassa è, del resto, riconosciuto come condizione necessaria alla salute finanziaria degli enti locali dall’art. 162, comma 6, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), secondo cui “Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo”.

Inoltre, l’art. 183, comma 8, pur senza adottare un “bilancio di cassa”, impone che, al momento dell’assunzione di un impegno di spesa, sia accertata la compatibilità dei conseguenti pagamenti con gli stanziamenti di bilancio, a pena di responsabilità amministrativo-contabile e disciplinare.

Per i motivi sopra esposti, le linee guida dettate dalla Sezione delle Autonomie nell’analisi dei “questionari” sui rendiconti finanziari, a partire dal 2016, attribuiscono estrema importanza alla verifica degli equilibri di cassa, all’analisi della composizione quali-quantitativa della cassa degli enti locali, all’utilizzo delle anticipazioni di liquidità e delle entrate vincolate; questi dati sono di regola studiati osservandone il trend evolutivo in un orizzonte triennale (cfr. deliberazioni n. 6/2017/INPR e 16/2018/INPR).

La cassa riflette le risorse che l’Ente può immediatamente spendere, per dare corso ai pagamenti dovuti; è composta da fondi liberi e fondi vincolati, questi ultimi alimentati da entrate che hanno un vincolo specifico correlativo ad una determinata spesa stabilito per legge, per trasferimenti o per prestiti (indebitamento).

La vera disponibilità di cassa – quella che esprime il surplus di risorse utilizzabili dall’Ente per la propria spesa – è data dai fondi liberi; infatti, i fondi vincolati possono essere utilizzati, in termini di cassa, per affrontare spese correnti per un importo non superiore all’anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell’articolo 222 T.U.E.L. I fondi vincolati così utilizzati, poiché sopperiscono ad una temporanea difficoltà nei pagamenti venendo impiegati per finalità di pagamento non corrispondenti al vincolo che sugli stessi grava, devono essere tempestivamente ricostituiti, con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione (art. 195, comma 3, T.U.E.L.).

Gli enti locali possono sopperire ad una temporanea crisi di liquidità anche mediante il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, sempre nei limiti di cui all’art. 222 T.U.E.L. Il ricorso all’utilizzo di tali entrate vincola una quota corrispondente dell’anticipazione di tesoreria: infatti, il limite fissato dall’art. 222 T.U.E.L. è complessivo e, pertanto, se l’ente sta utilizzando anticipazione di tesoreria nei limiti massimi previsti dall’articolo 222 del T.U.E.L., non potrà contemporaneamente utilizzare entrate a destinazione vincolata per finanziare la spesa corrente e viceversa.

Come già detto, tanto il ricorso a fondi vincolati per sostenere spese correnti, quanto l’utilizzo di anticipazioni di tesoreria deve essere limitato ad esigenze di liquidità temporanee, tese a “porre rimedio ad eccessi diacronici tra i flussi di entrata e quelli di spesa” (Corte Costituzionale, sent. n. 188/2014). L’utilizzo continuativo di tali istituti, oltre a essere sintomo di una crisi di liquidità strutturale che può celare gravi problemi di equilibrio finanziario, finisce per costituire una forma di indebitamento di fatto, come tale contraria all’art. 119, ultimo comma, Cost.

 

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