PIANI DI RIEQUILIBRIO FRONTE LEGISLATIVO ANCORA CALDO

 

Quando nel settembre del 2011 il Governo varò il cosiddetto “Dissesto Guidato” , introducendolo con l’art.6 del Dlgs 149, probabilmente pensò di introdurre un sistema che rendesse obbligatorio, anche nella pubblica amministrazione, la dichiarazione di insolvenza degli enti, a tutela dei creditori, così come avviene nel mondo imprenditoriale con le procedure fallimentari.

Ma appena entro l’anno dopo, ci si rese conto di come quell’Istituto, varato troppo frettolosamente, stava finendo per far saltare il “sistema degli enti locali”, dato l’elevato numero di diffide che, un po’ in tutta Italia, Corte dei Conti aveva notificato. Si cercò allora di correre ai ripari, ma, ancora una volta, troppo frettolosamente. Fu varata infatti la cosiddetta “Salva Enti”, nell’ambito del Dl 174/2012. Norma che prevede la presentazione di un piano (meglio progetto) di riequilibrio decennale, alternativo al dissesto. Ma venne lasciato il compito di giudicare della congruità dello stesso a Corte dei Conti, che aveva già notificato la diffida iniziale.

Corte dei  Conti, dal canto suo, fra quelli già esaminati, ha ritenuto “congrui” solo pochissimi piani, forse perché essendo questa  una procedura “nuova”, si stenta ad entrare nella reale portata della stessa, fossilizzandosi spesso, come precisano le Sezioni Riunite nella sentenza 9/2013 per il comune di Porto Azzurro (LI), su “argomentazioni intese a evidenziare che il disavanzo da finanziare è stato quantificato in misura eccessiva, o all’opposto in misura insufficiente”, senza soffermare, correttamente, l’esame sulle misure di risanamento previste.

A prescindere dai risvolti per il bilancio dello Stato che  i dissesti, che Corte dei Conti sta imponendo di dichiarare, produrranno per effetto di una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea che impone di soddisfare pienamente i creditori; si stanno verificando serie problematiche di lesione del principio costituzionale di eguaglianza, tra fornitori di enti locali sani e fornitori di enti locali dissestati. Senza contare che il ricorso al Dl 35/2013 ha definitivamente mandato a farsi benedire la, auspicata, “par condicio creditorum”.

Il legislatore dunque, in questi giorni, ha messo in campo alcuni emendamenti, come auspicato anche dal sottoscritto sul finire dello scorso anno, per consentire agli enti che hanno visto bocciato il piano di poterlo ripresentare. Addirittura si pensa di consentire la ripresentazione del piano anche agli enti che hanno già deliberato il dissesto, ma per i quali non è ancora intervenuta la definitiva approvazione del bilancio riequilibrato da parte del Ministero dell’Interno. Ma se questa è la portata della norma che si pensa di varare, perderemo solo altro tempo prezioso. Difficilmente, salvo miracoli, Corte dei Conti tornerà indietro sulle valutazioni.

Allora la soluzione deve essere diversa. Il piano di riequilibrio, come avviene per il dissesto, deve essere esaminato ed approvato dal Ministero dell’Interno. A Corte dei Conti deve rimanere quella funzione di controllo, peraltro sempre egregiamente svolta, tendente a segnalare le “criticità finanziarie” ed a monitorare sulla corretta attuazione del piano di riequilibrio.

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