Accesso a segreti commerciali o industriali: la regola da applicare per non commettere errori

Come è noto, l’art. 53, comma 6, del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), in un’ottica di bilanciamento tra accesso e riservatezza, subordina l’ostensione della documentazione di gara, qualora oggetto di un segreto commerciale o industriale, solo se strettamente necessaria alla difesa in giudizio degli interessi di un concorrente.

La stazione appaltante è, quindi, tenuta, in primo luogo, a valutare la concreta sussistenza di un segreto industriale o commerciale che, ai sensi dell’art. 98 del Decreto Legislativo n. 10 febbraio 2005, n. 30 (c.d. Codice della proprietà industriale) è costituito dalle informazioni aziendali e dalle esperienze tecnico-industriali, ivi comprese quelle commerciali «soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni: a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete».

Inoltre, poiché la ratio della disciplina è proprio quella di escludere dall’ostensione tutti quegli atti espressione del c.d. know how aziendale, “vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza” (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, sent. 1° luglio 2020, n. 4220), il segreto può essere apposto a ogni elemento dell’offerta, ivi compresa quella economica, solo qualora contenga, “secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali” (TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. 11 dicembre 2020, n. 13349), con la precisazione che “non qualsiasi elemento di originalità del servizio offerto è riconducibile entro la categoria dei segreti tecnici o commerciali, perché è inevitabile che ogni operatore possieda elementi che differenziano la propria organizzazione e la propria offerta in una procedura di tipo comparativo, ma la qualifica di segreto tecnico o commerciale deve essere riservata ad elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovino applicazione in una serie indeterminata di appalti, e siano in grado di differenziare il valore del servizio offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano mai a conoscenza” (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 24 febbraio 2020, n. 270).

Applicando tali linee ermeneutiche, il TAR Lombardia, Brescia, sez. I, nella sent. 13 giugno 2022, n. 598, ha evidenziato che è concedibile l’accesso qualora il controinteressato non presenta una motivata e comprovata dichiarazione volta a dimostrare l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia e se la stazione appaltante non svolge un concreto apprezzamento degli interessi contrapposti, limitandosi a richiamare l’esistenza di un’opposizione da parte del controinteressato.

 

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