Mancato invio al MEF della nuova delibera TARI: scatta la responsabilità erariale

Come è noto, la giurisprudenza penale da tempo ritiene configurabile una responsabilità commissiva quando la condotta del soggetto agente viola un divieto, quindi un dovere di non facere, in termini civilistici, mentre si qualifica come omissiva la condotta violativa di un comando, il quale imporrebbe, al contrario, di attivarsi ed agire, quindi un facere (Cass. pen., sez. IV, sent. 22.6.2009, n. 26020 e sent. 22.7.2011, n. 29476).

La colpa ha sempre una componente omissiva, in quanto si riferisce, per definizione, all’inosservanza di una regola di condotta, ossia ad una regola di prudenza, diligenza o perizia).

Per distinguere tra responsabilità colposa attiva e omissiva occorre, quindi, fare riferimento alla natura della regola di condotta violata: la violazione di una regola di condotta che impone un divieto, come detto, dà luogo a responsabilità commissiva, mentre la violazione di un comando, inteso come dovere di agire o compiere una determinata attività, dà luogo a responsabilità omissiva (Cass. pen., sez. IV, sent. 22.6.2009, n. 26020).

In applicazione di tali principi, la Corte dei conti, sez. giurisd. Campania, nella sent. n. 325/2025, depositata il 20 ottobre 2025, ha condannato per colpa grave omissiva la responsabile del servizio finanziario (nonché segretario comunale) che non aveva provveduto a trasmettere al MEF (attraverso l’apposita sezione del portale del federalismo fiscale) la nuova delibera di aumento delle tariffe TARI entro il termine perentorio previsto, ossia il 14 ottobre dell’anno a cui la delibera si riferiva, con conseguente violazione dell’art. 13, comma 15 ter, del D.L. n. 201/2011, che prevede tale fondamentale adempimento di trasmissione e correlata pubblicazione.

Secondo i giudici, nel caso specifico esaminato, potevano riscontrarsi tutte le componenti strutturali

oggettive della responsabilità amministrativo-contabile:

  • il rapporto di servizio, in quanto la responsabile del servizio finanziario era dipendente del Comune;
  • il comportamento antigiuridico, in considerazione della violazione dell’art. 13, comma 15 ter, del D.L. n. 201/2011, nei termini sopra delineati; il predetto comportamento antigiuridico era da attribuire alla responsabile del servizio finanziario e, quindi, del settore su cui incombeva l’obbligo della trasmissione al MEF ai fini della pubblicazione della deliberazione, obbligo risultato poi inadempiuto;
  • il nesso di causa tra la condotta antigiuridica e il danno cagionato al Comune, in quanto la grave circostanza del mancato invio della deliberazione consiliare ha inevitabilmente determinato l’inefficacia delle nuove tariffe TARI rimodulate in aumento, con le conseguenti ricadute negative sul patrimonio del Comune consistenti in un minor gettito di entrata, in considerazione dell’applicazione delle tariffe dell’anno precedente, di importo inferiore;
  • il danno conseguente, individuabile nel minor incasso.

I giudici hanno ritenuto che la condotta della responsabile dell’ufficio finanziario configurasse ampiamente i requisiti della colpa grave. Ed infatti, la giurisprudenza contabile ha definito da tempo tale concetto, con riferimento a “quelle evidenti e marcate trasgressioni degli obblighi di servizio o di regole di condotta che siano ex ante ravvisabili e riconoscibili per dovere professionale d’ufficio e che, in assenza di oggettive ed eccezionali difficoltà, si materializzano nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto ovvero in una marchiana imperizia o in una irrazionale imprudenza. Non ogni comportamento censurabile può integrare gli estremi della colpa grave, ma solo quelli contraddistinti da precisi elementi qualificanti, che – nella inconfigurabilità di un criterio generale – vanno accertati caso per caso dal giudice in relazione alle modalità del fatto, all’atteggiamento soggettivo dell’autore, nonché al rapporto tra tale atteggiamento e l’evento dannoso, di guisa che il giudizio di riprovevolezza della condotta venga in definitiva ad essere basato su un quid pluris rispetto ai parametri di cui agli artt. 43 c.p. e 1176 c.c.” (Sez. Riun., sent. n. 56/1997).

Nel caso di specie, la trasmissione della delibera consiliare doveva essere inviata entro un termine perentorio ben noto, di ordinaria conoscenza dei responsabili dei servizi finanziari, i quali hanno l’obbligo d’ufficio di provvedervi senza indugio e, comunque, di monitorarne l’esito, in considerazione della particolare importanza dell’incombenza.

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