Una scarsa capacità di riscossione, incidendo sull’effettiva disponibilità, in termini di cassa, delle entrate previste a preventivo per il finanziamento dei programmi di spesa dell’ente, rischia di renderne vulnerabili gli equilibri finanziari qualora finisca con l’implicare una sovrastima dei crediti e, conseguentemente, del risultato di amministrazione: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Emilia-Romagna, nella delib. n. 136/2025/PRSP, depositata il 21 ottobre 2025.
Gli accantonamenti al fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), conseguenti alle difficoltà sul lato della riscossione, per quanto in grado di neutralizzare tali effetti sul risultato di amministrazione, non possono essere considerati risolutivi in una prospettiva di lungo periodo, entro la quale l’ente deve provvedere ad azionare opportune leve organizzative che consentano l’effettiva affluenza di entrate in bilancio, tali da consentire una programmazione delle spese volta ad approntare le necessarie misure per soddisfare i bisogni della collettività.
I giudici hanno anche rammentato, sotto altro profilo, che la riscossione dei tributi in particolare, è attività necessaria ed indispensabile per garantire risorse al comune; dal principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria si ricava l’irrinunciabilità della potestà impositiva, con i corollari della non prorogabilità del recupero delle somme a tale titolo dovute e della necessità che l’azione dell’ente sia tempestivamente volta ad evitare la prescrizione del credito tributario.
Deve, quindi, essere posta in evidenza la sostanziale illiceità di qualsiasi azione od omissione volta non solo a procrastinare l’adempimento degli obblighi tributari ma, anche, la non solerte gestione della riscossione degli stessi (sez. reg. contr. Emilia-Romagna, deliberazioni nn. 146/2022/PRSE e 117/2024/PRSE).





