Il fondo perdite società partecipate non può essere stimato forfettariamente
È da stigmatizzare la prassi di quantificare il fondo perdite società partecipate in base a stime forfettarie e non secondo i criteri previsti dalla normativa vigente: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 95/2025/PRSE, depositata il 1° luglio 2025.
Come noto, l’art. 21 del D.lgs. n. 175/2016 prevede l’obbligo di costituzione di uno specifico fondo qualora le società di cui l’ente locale detenga quote di partecipazione abbiano registrato un risultato di esercizio negativo; tale obbligo consiste nell’accantonamento, nell’anno successivo rispetto al periodo di esercizio in perdita, di un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato e in misura proporzionale alla quota di partecipazione.
Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile.
La tassatività delle suddette prescrizioni è funzionale alla salvaguardia degli equilibri di bilancio e non consente scelte metodologiche differenti, essendo del tutto esclusa qualsivoglia valutazione discrezionale da parte dell’Ente circa la non opportunità di procedere alla costituzione del fondo. La costituzione di tale fondo è volta al contenimento dei rischi connessi ad avvenimenti pregiudizievoli afferenti alla gestione del soggetto partecipato e che inevitabilmente possono incidere negativamente sugli equilibri di bilancio dell’ente partecipante.
Il fondo svolge, quindi, una funzione prudenziale correlata alla ricaduta che le gestioni esternalizzate possono avere sui bilanci degli enti locali (cfr., ex multis, Corte dei conti, Sez. Reg. Contr. Liguria, deliberazioni nn. 24/2017/PAR, 127/2018/PAR, 114/2020/PRSP; Sez. Reg. Contr. Basilicata, deliberazione nn. 31/2021/PRSP e 53/2021/PRSP; Sez. Reg. Contr. Sicilia, deliberazione n. 25/2021/PAR).
Con riguardo all’evoluzione del fondo nel corso degli esercizi finanziari, va, inoltre, rammentato che il medesimo art. 21, comma 1, del TUSP disciplina, altresì, negli ultimi due periodi, le ipotesi in cui l’importo accantonato può essere reso successivamente disponibile, ossia nel caso in cui:
– l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio;
– l’ente partecipante dismetta la partecipazione;
– il soggetto partecipato sia posto in liquidazione;
– il soggetto partecipato ripiani in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti.
Il riferimento contenuto nell’ultimo alinea del comma 1 del citato art. 21 al ripiano, parziale o totale, delle perdite conseguite negli esercizi precedenti quale una delle condizioni che consentono di liberare le risorse accantonate rende evidente che l’accantonamento nel risultato di amministrazione debba essere commisurato non solo al risultato negativo dell’ultimo esercizio della società partecipata, ma anche agli eventuali risultati negativi pregressi che nell’ultimo bilancio societario compaiano non ancora ripianati e, quindi, riportati a nuovo (cfr., in termini, Corte dei conti, Sez. Reg. Contr. Liguria, deliberazione n. 114/2020/PRSP; Sez. Reg. Contr. Emilia-Romagna, deliberazione n. 112/2022/PRSE nonché da ultimo, Sez. Reg. Contr. Toscana, deliberazione n. 34/2025/PRSE).
L’importo così determinato copre integralmente il rischio rappresentato dalla eventualità che l’ente socio sia chiamato, con le proprie risorse di bilancio, ad intervenire per il ripiano delle perdite delle società cui partecipa.