Sebbene il legislatore consenta che “la scelta del livello di analisi [sia] lasciata al singolo ente, il quale può decidere di fare riferimento alle tipologie o di scendere ad un maggiore livello di analisi, costituito dalle categorie, o dai capitoli” (d.lgs. n. 118 del 2011, allegato 4/2, esempio n. 5), pare ovvio che l’analisi del rischio debba svolgersi secondo procedimenti valutativi contraddistinti da “prudenza” (d.ls. n. 118 del 2011, allegato n. 1, paragrafo n. 9), in quanto la determinazione del FCDE costituisce uno dei momenti nevralgici delle fasi di programmazione, gestione e rendicontazione ai fini del mantenimento degli equilibri finanziari: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. di contr. per la Regione Siciliana, nella delib. n. 157/2025/PRSP, depositata il 5 giugno 2025.
I giudici hanno ricordato che il punto 3.3. dell’allegato 4/2 al d. lgs. n. 118/2011 elenca espressamente i crediti che non sono oggetto di svalutazione: “i crediti da altre amministrazioni pubbliche, i crediti assistiti da fidejussione e le entrate tributarie che, sulla base dei principi contabili di cui al paragrafo 3.7, sono accertate per cassa. Non sono altresì oggetto di svalutazione le entrate di dubbia e difficile esazione riguardanti entrate riscosse da un ente per conto di un altro ente e destinate ad essere versate all’ente beneficiario finale”.
Come già osservato dalla magistratura contabile, gli enti non sono del tutto liberi di individuare le entrate da considerare ai fini dell’accantonamento al FCDE, posto che sono tenuti a motivare, fin dal momento della determinazione degli accantonamenti da inserire nel bilancio di previsione, le proprie scelte, facendo riferimento alla natura dell’entrata, al relativo importo e all’andamento storico delle riscossioni (cfr. Sez. contr. Lombardia, n. 145/2019/PRSE, Sez. contr. Sicilia, n. 114/2020/PRSE e Sez. contr. Molise, n. 26/2021/PRSP).