I proventi derivanti dall’alienazione della licenza della farmacia comunale possono essere destinati all’estinzione anticipata di quote di mutui contratti con la Cassa Depositi e Prestiti: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, nella delib. n. 110/2025/PAR, depositata il 12 maggio 2025.
Secondo i giudici, essendo la licenza in discorso facente parte del patrimonio indisponibile ai sensi dell’art. 826, comma 3, del codice civile, non trovano applicazione i vincoli di destinazione riservati al solo patrimonio disponibile dall’art. 1, comma 443, della legge n. 228/2012 e dall’art. 56 bis, comma 11, del d.l. n. 69/2013. In particolare, l’art. 1, comma 443 appena richiamato dispone che i proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito.
La norma, pertanto, impone il vincolo di destinazione solo dei proventi derivanti dall’alienazione dei beni che appartengono al patrimonio disponibile dell’ente locale.
In modo analogo, ma con diversa prospettiva, il successivo art. 56 bis del d.l. n. 69/2013 stabilisce che “in considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di riduzione del debito pubblico, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale [..]”, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente, è destinata prioritariamente all’estinzione anticipata dei mutui e per la restante quota secondo quanto stabilito dal comma 443 dell’art. 1, l. 228/2012.
In sintesi, perciò, le norme in materia di vincoli di destinazione dei proventi da alienazione del patrimonio disponibile (art. 1, comma 443 della legge n. 228/2012 e art. 56 bis, comma 11, del d.l. n. 69/2013) non possono trovare applicazione nei confronti dei beni patrimoniali indisponibili, indipendentemente dalla loro commerciabilità. Trattasi, infatti, di norme aventi uno specifico ambito di applicazione oggettiva che non lascia spazio ad interpretazioni estensive.
D’altra parte quando il legislatore ha voluto sottoporre allo stesso trattamento i beni patrimoniali disponibili e i beni patrimoniali indisponibili, non si è specificatamente riferito agli uni o agli altri; si pensi all’art. 1, comma 866, della legge n. 205/2017, dove la norma ha fatto riferimento alla possibilità, per gli enti locali, di utilizzo dei proventi derivanti dalle “alienazioni patrimoniali”, anche di quelli derivanti da azioni o piani di razionalizzazione, senza distinguere tra beni del patrimonio disponibile o indisponibile dell’Ente.