La nozione di spese di rappresentanza secondo la Corte dei conti

Le  spese qualificabili come spese di rappresentanza imputabili a un soggetto pubblico sono solo quelle inerenti ai fini istituzionali dell’ente e destinate a soddisfarne la funzione rappresentativa esterna al fine di accrescere il prestigio dello stesso e dargli lustro nel contesto sociale in cui si colloca e che siano, inoltre, effettuate in occasione di eventi muniti dei caratteri dell’ufficialità e dell’eccezionalità, connotazioni le quali non possono ricorrere in normali ed ordinarie occasioni di incontro, in particolare con individui non rappresentativi delle soggettività esterne cui si rivolge la comunicazione istituzionale, come ribadito da ultimo, Corte dei conti, sez. giurisd. Liguria, sent. n. 220/2021, depositata lo scorso 14 dicembre.

In particolare, secondo i giudici liguri, sono escluse dal novero delle spese di rappresentanza, quelle effettuate per omaggi e pranzi offerti da una Amministrazione a propri dipendenti; gli incontri conviviali non occasionati da manifestazioni ufficiali, ovvero quelli afferenti ai normali rapporti istituzionali; gli esborsi sostenuti in favore di soggetti non rappresentativi degli organismi di appartenenza; gli omaggi estemporanei di vario tipo.

Le uniche spese consentite sono quelle di ospitalità o di convivialità riservate a personalità o a rappresentanze istituzionali ed autorità esterne, in occasione di cerimonie ben determinate o eventi istituzionali di elevata rilevanza o risonanza economico-sociale e non quelle rivolte ad una indeterminata cerchia di beneficiari per mera convivialità.

Al riguardo, inoltre, è stato osservato, “nell’attuale contesto congiunturale di crisi economica”, le spese di rappresentanza, “in quanto non strettamente necessarie, sono da considerarsi secondarie rispetto ad altre voci di spesa pubblica …. A siffatto carattere residuale segue che” le stesse “devono essere individuate con particolare rigore, al fine di ricondurre alla categoria solo le voci di spesa che presentano tutti i relativi caratteri” (sez. Sicilia, sent. n. 614/2019).

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