Programmazione spese del personale: necessario considerare i dipendenti ceduti in comando

La cessione in comando di un dipendente costituisce una misura organizzativa di carattere transitorio e comunque sempre ed in qualsiasi momento reversibile ad nutum, tanto su iniziativa del dipendente comandato, quanto su iniziativa sia dell’ente comandante, sia dell’ente comandatario, oppure ancora per la naturale scadenza, senza rinnovo, del periodo di comando o per il venir meno delle esigenze ad esso sottese.

Conseguentemente, come evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per le Marche, nella delib. n. 121/2021/PRSE, depositata lo scorso 11 novembre, l’intrinseca e strutturale temporaneità e precarietà che connota l’istituto del comando comporta che l’ente comandante, nel programmare la propria spesa di personale e monitorarne la possibile evoluzione, anche in vista del rispetto dei vincoli di finanza pubblica finalizzati alla sua riduzione o contenimento, non possa non tener conto, in sede di programmazione, della sempre immanente possibilità che il comando possa, da un momento all’altro, cessare e, di conseguenza, il dipendente comandato rientrare in servizio presso l’ente comandante.

Sicché, nel pianificare la propria spesa di personale, l’ente comandante è tenuto a verificare costantemente se, ed in che misura, l’eventuale rientro dal comando possa comportare o meno lo sforamento dei limiti legislativi alla spesa di personale; e pertanto, anche se lo sforamento si fosse verificato proprio a causa dell’improvviso rientro dal comando, ciò non sarebbe di per sé sufficiente ad escluderne la prevedibilità e, quindi, la programmabilità da parte dell’ente.

Tale aspetto è stato ben evidenziato da Corte conti, sez. contr. Lombardia, del. n. 511/2012/PAR, la quale ha escluso che il rientro di un dipendente in comando o la riconversione di rapporti di lavoro da part time a full time possano essere esclusi dalla determinazione del citato limite di spesa, posto che “l’ente locale, nel momento in cui concede ai propri dipendenti l’esercizio di diritti soggettivi tali da incidere in riduzione sulla spesa del personale (comando o passaggio ad orario lavorativo ridotto), ha la piena consapevolezza della possibilità di successive modifiche nella situazione di fatto (venir meno del comando o ritorno ad orario pieno) e si trova, pertanto, nella doverosa possibilità di programmare la propria spesa di personale” e di tener conto dell’incidenza che la riespansione della spesa, determinata dal rientro in servizio, potrà sortire sul rispetto del vincolo in questione; di conseguenza, tali vicende soggettive non consentono alcuna deroga a tale limite (nello stesso senso, più di recente, anche Corte conti, sez. contr. Toscana, delib. nn. 71 e 202/2015/PRSP; Corte conti, sez. contr. Piemonte, del. n. 149/2015/PAR; Corte conti, sez. contr. Lombardia, del. n. 11/2018/PRSE).

Questa interpretazione è, del resto, allineata con l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che offre una lettura particolarmente restrittiva dell’art. 1, comma 562, L. 296/2006, in base alla quale nel calcolo complessivo della spesa di personale vanno inclusi tutti gli emolumenti corrisposti, salvo quelli espressamente e tassativamente esclusi dal legislatore (v. Corte conti, sez. aut., del. n. 27/2013/QMIG; Id., delib. nn. 21 e 25/2014/QMIG), con la conseguenza che, in assenza di espressa previsione legislativa, restano irrilevanti eventuali disomogeneità delle basi di calcolo degli aggregati tra i diversi esercizi posti a raffronto, neppure se determinate da scelte in passato compiute dall’ente (esempio: esternalizzazione e successiva reinternalizzazione di un servizio oppure, come appunto nel caso in questione, il rientro di personale precedentemente comandato o distaccato preso altri enti, ecc.) o da sopraggiunti mutamenti normativi del sistema di contabilizzazione.

Ciò in ragione del fatto che, in assenza di espressa indicazione legislativa, gli obblighi di riduzione o contenimento della spesa di personale, rientrando tra i principi generali di coordinamento della finanza pubblica, finalizzati a garantire il concorso degli enti territoriali al conseguimento degli obiettivi eurounitari posti a salvaguardia della stabilità finanziaria della moneta comune (cfr., ex plurimis, Corte Cost., sent. n. 218/2015), assumono un carattere imperativo, la cui cogenza trascende il principio di buon andamento dell’azione amministrativa e, pertanto, non sono derogabili al di fuori dei casi tassativamente previsti dal legislatore stesso (cfr. Corte dei conti, sez. reg. contr. Lombardia, del. nn. 154/2011/PAR e 281/2014/PAR e Corte dei conti, Sez. Aut., del. 27/2013/QMIG).

A sostegno dell’assunto militano anche le precisazioni rese dalla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, nella del. n. 13/2015/INPR (recante le “Linee guida” per la compilazione del questionario al rendiconto 2014), nella parte in cui, tra le componenti da includere ai fini del computo, espressamente annovera “le somme rimborsate da altre Amministrazioni per il personale in posizione di comando” e, viceversa, tra quelle da escludere, le “spese sostenute per il personale comandato presso altre Amministrazioni per le quali è previsto il rimborso dalle Amministrazioni utilizzatrici” (v. pure Corte dei conti, Sez. Aut., del. 12/2017/QMIG; Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lazio, del. n. 91/2014/PAR).

Più in generale, la giurisprudenza contabile (v. Corte dei conti, Sez. Aut., del. n. 25/2014/QMIG e del. n. 16/2016/QMIG) ha precisato che nel calcolo della spesa di personale, da prendere in considerazione per la verifica del rispetto del limite in questione, va inclusa “la spesa effettivamente sostenuta in tale periodo, senza, cioè, alcuna possibilità di ricorrere a conteggi virtuali” o di escludere dal computo “spese di natura eccezionale o, comunque, non ricorrenti che siano dovute a scelte discrezionali compiute dagli enti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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