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L’accesso difensivo non può essere meramente esplorativo

Come è noto, il principio codificato nell’art. 22, comma 1, lett. b) della Legge 7 agosto 1990 n. 241 stabilisce che l’accesso difensivo alla documentazione amministrativa è consentito solo in presenza di un interesse diretto, concreto e attuale; è, inoltre, necessario che il suddetto interesse corrisponda a una situazione giuridicamente tutelata, la quale si possa in qualche modo collegare al documento a cui si chiede di accedere.

È, quindi, evidente che non sono ammissibili istanze di accesso finalizzate a esercitare un controllo generalizzato sull’attività dell’amministrazione.

In argomento segnaliamo la recente sent. 25 febbraio 2021, n. 175, del TAR Lombardia, Brescia, sez. II, nella quale i giudici hanno evidenziando alcuni principi di grande rilevanza pratica.

In primo luogo, non rende concreto l’interesse all’accesso né la lunga storia di contenziosi con l’ente pubblico, né la sfiducia nei confronti dei funzionari pubblici, né la volontà di scoprire se vi sia stato un atteggiamento di favore verso terzi: in tutti questi casi l’accesso è soltanto esplorativo, ossia finalizzato non a difendere una specifica situazione giuridicamente tutelata, ma ad acquisire elementi su cui innestare eventuali iniziative giurisdizionali o solleciti per interventi in autotutela.

In secondo luogo, non è sufficiente a rendere concreto l’interesse all’accesso neppure la circostanza che il richiedente abbia presentato segnalazioni nei confronti di determinati soggetti. Occorre infatti distinguere le segnalazioni collaborative da quelle difensive: le prime agevolano l’attività di controllo dell’amministrazione ma non trasformano il loro autore in un controinteressato, e dunque la pretesa di accedere alla documentazione prodotta o raccolta risulta astratta e priva di titolo, anche quando non abbia carattere emulativo; le seconde, invece, una volta che sia indicato un collegamento diretto con una situazione giuridicamente tutelata del segnalante, possono costituire il presupposto dell’accesso, purché l’interesse sia ancora attuale.

Il requisito dell’attualità dell’interesse impedisce che siano accolte istanze di accesso riferite a procedimenti remoti, o a omissioni e disfunzioni amministrative parimenti lontane nel tempo. Anche in materia edilizia, dove l’interesse pubblico alla rimozione degli abusi è particolarmente resistente al decorso del tempo, il diritto di accesso finalizzato a promuovere ricorsi giurisdizionali o a provocare interventi repressivi da parte dell’amministrazione incontra il limite della stabilità delle posizioni giuridiche dei terzi, raggiunta sul piano processuale o sostanziale. La riservatezza è in questo caso il riflesso della certezza del diritto, come risultante dalla consolidata situazione dei luoghi. A maggior ragione, non vi è un interesse attuale all’accesso quando la finalità perseguita sia quella di provocare l’annullamento in autotutela a grande distanza di tempo in danno di terzi. Qui occorre tenere conto sia dell’affidamento dei terzi basato su provvedimenti amministrativi favorevoli, sia del breve intervallo concesso dall’art. 21-nonies comma 1 della legge 241/1990 per esercitare il potere di autotutela (termine ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi).