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L’operatività dell’esenzione IVA per le rette della casa rifugio per le donne vittime di violenza

Se una casa rifugio di sostegno e assistenza alle donne vittime di violenza fornisce una prestazione globale (comprensiva oltre all’alloggio, anche di altri servizi accessori e di supporto quali vitto, prestazioni mediche, ecc.), alle relative rette potrà applicarsi il regime di esenzione IVA: è quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 112 del 16 febbraio 2021 (nel caso specifico, l’interpello era stato proposto da un Comune che aveva istituito una casa rifugio e che chiedeva lumi circa il trattamento IVA delle rette a copertura delle spese di gestione).

Tale conclusione è fondata sull’art. 10, numero 21), del DPR n. 633/1972, secondo cui il regime di esenzione IVA si applica, tra l’altro, “per le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili”.

Detta disposizione, come ribadito in diversi documenti di prassi, riveste natura oggettiva nel senso che si prescinde sia dal soggetto che effettua la prestazione che dai soggetti beneficiari dell’esenzione, i quali devono rientrare nella tipologia di soggetti disagiati degni di protezione sociale (cfr. ris. n. 8/E dell’8 gennaio 2002; ris. n. 39/E del 16 marzo 2004 e ris. n. 74/E del 27 settembre 2018).

Inoltre, in considerazione della circostanza che la suddetta disposizione fa riferimento alle case di riposo e simili, l’elencazione delle strutture non risulta tassativa, potendo rientrarvi strutture diverse da quelle espressamente richiamate dalla norma ma che presentano le medesime caratteristiche.

In tal senso, si può far riferimento alla sentenza n. 11353 del 3 settembre 2001, con cui la Corte di Cassazione ha precisato che l’art. 10, n. 21), del d.P.R. n. 633 del 1972 “lascia intendere che, ai fini dell’esenzione dell’Iva, ciò che deve qualificare la prestazione propria di una casa di riposo è l’alloggio fornito a persone anziane. La somministrazione di indumenti, medicinali e dello stesso vitto, nonché le prestazioni curative e le altre prestazioni agli ospiti, vengono definite prestazioni meramente “accessorie”, rispetto a quella, evidentemente l’unica ritenuta essenziale, dell’alloggio. Ai fini dell’esenzione dell’Iva, per quanto concerne in particolare le case di riposo, occorre quindi far riferimento da un lato al contenuto della prestazione, che va ricercata nell’alloggio e solo eventualmente in altre attività di assistenza, e dall’altro nei destinatari delle prestazioni medesime che devono essere solo persone meritevoli di particolare protezione e tutela” (cfr. risoluzioni: n. 188/E del 12 giugno 2002; 164/E del 25 novembre 2005 e n. 74/E del 2018).

Sul punto, si può far riferimento anche alla risoluzione n. 164/E del 2005, che ha chiarito che l’elencazione presente nella medesima disposizione non è tassativa e, al contempo, ha precisato che le prestazioni rese da organismi simili sono esenti quando con le stesse si assicura l’alloggio – eventualmente in combinazione con altre prestazioni considerate di fatto accessorie alla prestazione principale – a persone che per il loro status sono bisognose di protezione, assistenza e cura, come, per quanto di interesse, le donne vittime di violenza.

Ne deriva, quindi, che se il Comune non fornisce una prestazione globale di servizi, le rette saranno assoggettate a IVA in base al regime proprio delle relative prestazioni che verranno rese.