L’importanza della razionalizzazione periodica delle società partecipate secondo la Corte dei conti

Come è noto, nell’ambito del peculiare percorso di razionalizzazione delle partecipazioni societarie, obblighi ben precisi sono stati previsti a carico delle amministrazioni pubbliche dagli artt. 20 e 24 del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica – TUSP) che disciplinano, rispettivamente, la razionalizzazione periodica e la revisione straordinaria delle partecipazioni.

Trattasi di due momenti connessi ed interdipendenti atteso che l’operazione di natura straordinaria, prevista dall’art. 24, costituisce la base per la razionalizzazione periodica, ex art. 20, delle partecipazioni pubbliche cui sono tenuti gli enti territoriali, al pari delle altre amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 26, comma 11, del TUSP (Corte dei conti, Sezione delle autonomie deliberazione n. 22/SEZAUT/2018/INPR).

Per ciò che riguarda, in particolare, la razionalizzazione periodica, il citato art. 20, rubricato “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche”, prevede, al comma 1, che le amministrazioni pubbliche effettuino “annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”.

Il successivo comma 3 precisa che i provvedimenti di razionalizzazione periodica sono adottati entro il 31 dicembre di ciascun anno e trasmessi alla struttura di monitoraggio del Dipartimento del Tesoro – cui l’art. 15 del TUSP intesta peculiari competenze per il monitoraggio, l’indirizzo ed il coordinamento delle società a partecipazione pubblica – nonché alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

L’art. 26, comma 11, scandisce la tempistica dei suddetti adempimenti, disponendo che “Salva l’immediata applicazione della disciplina sulla revisione straordinaria di cui all’articolo 24, alla razionalizzazione periodica di cui all’articolo 20 si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017”.

Precisi obblighi di comunicazione sussistono, peraltro, a mente di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 20, anche nell’ipotesi in cui le amministrazioni non detengano alcuna partecipazione.

In vista di un compiuto assolvimento degli adempimenti in parola, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, in coerenza con le indicazioni già rese in relazione alla revisione straordinaria (cfr., deliberazione n.19/SEZAUT/2017/INPR), in occasione della prima razionalizzazione periodica ha ritenuto necessario adottare specifiche linee di indirizzo oltre che un modello standard di atto di ricognizione e relativi esiti.

Rileva, a tal riguardo, la già citata deliberazione n. 22/SEZAUT/2018/INPR con la quale la Sezione delle Autonomie, nel rimarcare la centralità del processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie, ha sottolineato l’esigenza di una costante riflessione da parte degli enti soci in ordine alle decisioni adottate con riguardo al proprio portafoglio delle partecipazioni (mantenimento, con o senza interventi; cessione di quote/fusione/dismissione).

Sul punto, a comprova della sostanziale continuità tra la revisione straordinaria e la razionalizzazione periodica, è stato di recente ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per le Marche, nella delib. n. 45/2021/VSG, depositata lo scorso 29 gennaio, come alle stesse operazioni siano sottesi i medesimi criteri e come entrambe siano preordinate a rilevare le situazioni di criticità di cui al comma 2 dell’art. 20 del TUSP, espressamente richiamato dal successivo art. 24, di seguito evidenziate:

  1. partecipazioni societarie che non rientrino tra quelle “indispensabili” ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali;
  2. società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
  3. partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali (le c.d. “società-doppione”);
  4. partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;
  5. partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;
  6. partecipazioni in società aventi necessità di contenimento dei costi di funzionamento;
  7. partecipazioni in società che necessitano di essere aggregate aventi ad oggetto le attività consentite ai sensi dell’art. 4 del TUSP.

Nell’occasione è stata, inoltre, evidenziata la doverosità della comunicazione degli esiti della razionalizzazione periodica in favore della struttura di monitoraggio di cui all’art. 15 TUSP e delle competenti sezioni regionali di controllo: sotto tale profilo, ed in ordine alla finalità dello specifico obbligo di comunicazione in favore della sezione regionale di controllo, costituisce principio pacificamente recepito che lo stesso non assolva a sole finalità di trasparenza (di deterrenza) ma sia funzionale allo svolgimento delle verifiche di competenza della Corte dei conti che vanno sempre più caratterizzandosi come controlli sul “gruppo ente locale”.

D’altro canto, a presidio dell’effettività delle anzidette prescrizioni in tema di razionalizzazione periodica, il comma 7 dell’art. 20 prevede una sanzione da 5.000 a 500.000 euro, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, di competenza della sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti.

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