Le Unioni di Comuni possono richiedere pareri alla Corte dei conti su questioni inerenti alle funzioni proprie esercitate

Anche le Unioni di Comuni, in persona del Presidente, sono legittimate a ricorrere all’attività consultiva della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003, limitatamente a questioni inerenti alle funzioni proprie esercitate dall’Unione stessa: è quanto affermato dalla Corte dei conti, Sez. Autonomie, nella delib. n. 1/SEZAUT/2021/QMIG, depositata lo scorso 7 gennaio.

Ed infatti i Comuni possano e, in alcuni casi, devono esercitare le proprie funzioni mediante l’Unione di Comuni, ente locale autonomo espressione degli stessi comuni, al tempo stesso strumento di razionalizzazione di risorse pubbliche e soggetto destinatario diretto di norme di coordinamento della finanza pubblica.

La gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali è finalizzata a superare le difficoltà legate alla frammentazione dei piccoli Comuni e per conseguire condivisibili obiettivi di razionalizzazione della spesa e di una maggiore efficienza dei servizi (in tal senso, delib. n. 15/2020/SEZAUT).

Occorre considerare che le funzioni di cui si tratta sono funzioni proprie dell’ente “Comune” che devono necessariamente essere svolte o dall’ente uti singulus o, in virtù del patto associativo (normativamente imposto o liberamente contratto), dall’Unione di cui fa parte. In questa prospettiva, le Unioni di Comuni sono, quindi, proiezioni dei singoli enti partecipanti finalizzate all’esercizio congiunto di funzioni di competenza dei comuni, cui si applicano i principi previsti per l’ordinamento di tali enti. In questi termini solo le Unioni, e non altre forme associative (consorzi, ATO, etc.), possono essere assimilate al Comune, anche per quanto riguarda la possibilità di accedere alla Corte dei conti in funzione consultiva.

 

image_pdfScarica PDF articoloimage_printStampa articolo
Condividi!

Caricamento riuscito. Grazie!