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Il parere del revisore sullo schema di bilancio di previsione non può essere reso disponibile solo il giorno precedente la votazione

Come è noto, l’art. 174 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) demanda al regolamento di contabilità dell’ente l’individuazione di un “congruo termine” per la presentazione dello schema di bilancio di previsione (e relativi allegati) al Consiglio comunale, ai fini della successiva deliberazione e dei termini entro i quali possono essere presentati, da parte dei membri dell’organo consiliare e dalla Giunta, emendamenti agli schemi di bilancio.

L’individuazione di tali termini è fondamentale per poter assicurare ai consiglieri una valutazione della documentazione ed il conseguente voto consapevole, con la conseguenza che il mancato rispetto di detti termini comporta un vulnus alle prerogative dei consiglieri stessi: ed infatti, come affermato recentemente dal TAR Campania, Napoli, sez. I, nella sent. 10 dicembre 2020, n. 6048, è illegittimo mettere a disposizione dei consiglieri il parere del revisore al bilancio di previsione solo il giorno precedente la seduta di approvazione.

I giudici campani hanno richiamato l’orientamento (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, sentt. n. 4412/2017, n. 2844/2017 e n. 3710/2018) secondo cui il mancato rispetto del termine sancito dalla normativa per il deposito e la messa a disposizione dei consiglieri comunali della relazione dei revisori dei conti integra uno specifico profilo di legittimità e determina la lesione del cd. ius ad officium dei consiglieri comunali.

I giudici hanno ricordato che, secondo consolidato orientamento del giudice amministrativo (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7 luglio 2013, n. 3446; TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 17 settembre 2015, n. 4570; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 4 febbraio 2015, n. 230), i consiglieri comunali, in quanto tali, non sono legittimati ad agire contro l’amministrazione di appartenenza, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi dello stesso ente, ma è rivolto a risolvere controversie intersoggettive; pertanto, l’impugnativa di singoli consiglieri può ipotizzarsi soltanto quando vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere, dovendosi escludere che ogni violazione di forma o di sostanza nell’adozione di una deliberazione, che di per sé può produrre un atto illegittimo impugnabile dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo, si traduca in una automatica lesione dello ius ad officium; pertanto la legittimazione al ricorso può essere riconosciuta al consigliere solo quando i vizi dedotti attengano ai seguenti profili:

  1. a) erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare;
  2. b) violazione dell’ordine del giorno;
  3. c) inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare (ed il caso specifico della sentenza del TAR Campania segnalata rientra in detta casistica);
  4. d) più in generale, preclusione in tutto o in parte dell’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito.