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L’inserimento delle passività potenziali nel risultato di amministrazione è obbligatorio

Come è noto, nel nuovo sistema contabile armonizzato (cfr. D.lgs. n. 118/2011, All. 4/2, § 5.2, lett h e § 9.2), le passività potenziali devono essere incluse direttamente nel risultato di amministrazione, tramite il fondo rischi (FR), che costituisce lo strumento per avere una rappresentazione finanziaria veritiera ed attualizzatala dei rischi e degli oneri dell’ente: è quanto ricordato dalla Corte dei conti, SS.RR. in speciale composizione, nella recente sent. n. 32/2020, richiamando quanto già affermato dalla sez. reg. di controllo per la Campania nella delib. n. 240/2017/PRSP e nella delib. n. 172/2019/PARI).

A riprova della sussistenza di una mera discrezionalità tecnica, giova rammentare che il concetto normativo di “passività potenziale” – in assenza di definizione specifica da parte dei principi contabili del D.lgs. n. 118/2011 – è una nozione che rinvia alla scientia artis, i cui contenuti possono ricavarsi dagli standard nazionali e internazionali in tema di contabilità e, in particolare, dallo IAS 37 e dall’OIC 31 (prima OIC n. 19). Si tratta di massime d’esperienza o elementi di fatto (semplici prassi, best practices o al massimo soft law) che concorrono a determinare il contenuto di un concetto elastico presente in una norma giuridica vera e propria (i principi contabili applicati del D.lgs. n. 118/2011). In quest’ottica l’inclusione delle passività potenziali non può ritenersi in nessun modo facoltativa, ma deve avvenire in base ad un giudizio tecnico (privo di discrezionalità amministrativa) correlato alle situazioni concrete e deve, perciò, essere motivato.