La Corte dei conti può verificare la compatibilità delle scelte amministrative con le finalità pubbliche dell’ente

La Corte dei conti può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente, che devono essere ispirati ai criteri di economicità ed efficacia, ex art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241: è quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 22811 del 20 ottobre 2020, secondo cui tali criteri assumono rilevanza sul piano non già della mera opportunità ma della legittimità dell’azione amministrativa e consentono, in sede giurisdizionale, un controllo di ragionevolezza sulle scelte della pubblica amministrazione, onde evitare la deviazione di queste ultime dai fini istituzionali dell’ente e permettere la verifica della completezza dell’istruttoria, della non arbitrarietà e proporzionalità nella ponderazione e scelta degli interessi, nonché della logicità ed adeguatezza della decisione finale rispetto allo scopo da raggiungere (Cass., SS. UU., sent. 15 marzo 2017; sent. 23 novembre 2018, n. 30419; sent. 10 febbraio 2019, n. 3159 e sent. 22 novembre 2019, n. 30527).

Nel caso specifico, la Corte aveva censurato la decisione di un dirigente pubblico di concedere gratuitamente ad un’associazione alcune aree di un parco storico da utilizzare per la realizzazione di spettacoli teatrali, violando la regola generale che impone la corresponsione di un canone di concessione da parte degli utilizzatori di beni pubblici, senza che l’assegnazione fosse stata preceduta da una adeguata valutazione dei presupposti per la gratuità e senza tenere nel debito conto che tale assegnazione gratuita non è corrispondente al fine della valorizzazione del bene appartenente al patrimonio culturale.

Ed infatti, secondo il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo n. 42/2004), la doverosa valorizzazione di tali beni si compendia nell’insieme delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, da attuarsi in forme compatibili con la tutela ed in modo da non pregiudicarne le esigenze; detta valorizzazione può essere intesa in due modi, sia quale potenziamento dell’espressione del valore culturale del bene, sia come criterio di gestione dell’istituto della cultura capace di autofinanziarsi secondo canoni di efficienza, di efficacia e di economicità.

Secondo i giudici, la valutazione dell’operato del dirigente non ha ad oggetto il “merito” della concessione in uso degli spazi del parco storico bensì, unicamente, la verifica della conformità a legge dell’atto posto in essere, sotto il profilo del rispetto della disciplina sulle esenzioni dal pagamento del canone concessorio e dei principi in tema di valorizzazione dei beni culturali.

 

 

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