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Contratto integrativo: la certificazione del revisore non può essere successiva

Come è noto, l’art. 40, comma 3-sexies e l’art. 40 bis, comma 1, del Testo Unico del pubblico impiego (Decreto Legislativo n. 165/2001) dispongono che:

  • A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche amministrazioni redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell’economia e delle finanze di intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui all’articolo 40-bis, comma 1”;
  • il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori è effettuato dal collegio dei revisori dei conti”.

Come evidenziato recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per la Puglia nella delib. n. 85/2020/PAR del 22 settembre 2020, il legislatore stabilisce che ogni contratto integrativo debba essere accompagnato da una relazione tecnico-finanziaria e da una relazione illustrativa, entrambe certificate dal collegio dei revisori dei conti: ciò in quanto viene ritenuta imprescindibile la funzione di controllo sulla sostenibilità dei costi derivanti dall’adozione del contratto integrativo e sulla conformità degli stessi ai vincoli di legge in generale e di bilancio in particolare, specie in relazione ai trattamenti accessori.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali, «Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri sono effettuati dall’organo di controllo competente ai sensi dell’art. 40-bis, comma 1 del D.Lgs.n.165/2001. A tal fine, l’ipotesi di contratto collettivo integrativo definita dalle parti, corredata dalla relazione illustrativa e da quella tecnica, è inviata a tale organo entro dieci giorni dalla sottoscrizione. In caso di rilievi da parte del predetto organo, la trattativa deve essere ripresa entro cinque giorni. Trascorsi quindici giorni senza rilievi, l’organo di governo competente dell’ente può autorizzare il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione del contratto».

Appare, pertanto, evidente come il corretto iter di svolgimento del procedimento in esame richieda l’invio formale all’organo di revisione dei conti delle relazioni oggetto di certificazione e, qualora non pervengano rilievi entro quindici giorni, la possibilità di sottoscrivere comunque il contratto integrativo; ciò in quanto l’assenza di una data certa circa la trasmissione (o il mancato rispetto dei termini previsti o addirittura i dubbi sull’avvenuto inoltro) delle relazioni all’organo di revisione contabile determinano un vulnus per l’intero procedimento in esame, oltre a far trasparire l’evidente violazione del principio di leale collaborazione tra gli organi di gestione dell’ente e l’organo di revisione contabile del medesimo ente.

Nel caso, quindi, di mancanza di certificazione da parte dell’organo di revisione o addirittura di diniego di certificazione (i.e. certificazione negativa), appare assolutamente non condivisibile l’ipotesi di «autotutela conservativa mediante convalida», non foss’altro per il fatto che l’atto ipoteticamente oggetto di convalida (la certificazione del collegio dei revisori) non è esistente (o, peggio, ha contenuto negativo, di diniego di certificazione) e, pertanto, la convalida appare oggettivamente impossibile, dato che non può convalidarsi un atto che non è mai venuto adesistenza o, comunque, in contrasto con un altro atto (il diniego di certificazione).