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Accessibili al consigliere comunale l’elenco dei nuclei familiari cui sono stati concessi i buoni spesa Covid-19

Il consigliere comunale può avere accesso all’elenco dei nuclei familiari cui sono stati concessi i buoni spesa Covid-19 e all’elenco degli esclusi, non ostandovi motivi di riservatezza: è quanto affermato dal TAR Basilicata, sez. I, nella sent. 25 agosto 2020, n. 574.

Costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis, TAR Basilicata, sez. I, sent. 3 agosto 2017, n. 564; sent 29 luglio 2020, n. 521) come, in forza dell’art. 43, comma 2, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), il consigliere comunale è titolare di un incondizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere utili all’espletamento delle proprie funzioni, anche al fine di valutare, con piena cognizione, la correttezza e l’efficacia dell’operato della P.A., nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio Comunale e promuovere, anche nell’ambito dello stesso Consiglio, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Tale diritto ha una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ovvero a chiunque sia portatore di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso ex art. 22 e ss., l. 7 agosto 1990, n. 241).

Infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello riconosciuto al consigliere comunale è strettamente funzionale all’esercizio delle sue funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività.

A ciò consegue, per un verso, come sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale, e, per altro verso, che dal termine “utili”, contenuto nell’art. 43 del TUEL, non può conseguire alcuna limitazione, poiché tale aggettivo comporta in realtà l’estensione del diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni; né sono opponibili limitazioni connesse all’esigenza di assicurare la riservatezza dei dati e il diritto alla privacy dei terzi (pur tenuto conto delle innovazione recate dal Regolamento UE 2016/679), atteso che, con riferimento all’esercizio del diritto in esame, tale esigenza è efficacemente salvaguardata dalla disposizione di cui al co. 2 dell’art. 43 cit., che impone al consigliere comunale il segreto ove la pretesa ostensiva abbia ad oggetto atti che incidono sulla sfera giuridica e soggettiva di terzi (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 11 dicembre 2013, n. 5931); in tali casi, ogni contraria prescrizione regolamentare va disapplicata o, qualora oggetto di impugnazione, annullata (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 9 ottobre 2007, n. 5264).

In tale prospettiva, pertanto, gli unici limiti all’esercizio di tale prerogativa possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che essa va esercitata in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente) e, per altro verso, che non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso.