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Obblighi di pubblicazione nel caso dei contributi a famiglie bisognose

L’art. 26 del Decreto Legislativo n. 33/2013 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) dispone che le PP.AA. devono pubblicare gli atti con i quali sono determinati i criteri e le modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi per la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati (comma 1).

Per quanto riguarda, invece, gli atti di concessione, la norma prevede alcune comprensibili cautele:

  • l’obbligo di pubblicazione vale solo per gli importi superiore a 1.000 euro (comma 2);
  • è esclusa la pubblicazione dei dati identificativi delle persone fisiche destinatarie dei provvedimenti, qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati (comma 4).

Proprio con riferimento al divieto di cui al comma 4 appena ricordato, è intervenuto il Garante della privacy (https://www.garanteprivacy.it/temi/coronavirus/faq#enti%20locali) evidenziando che tale esclusione è funzionale alla tutela della dignità, dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati, al fine di evitare che soggetti in condizioni disagiate – economiche o sociali – soffrano l’imbarazzo della diffusione di tali informazioni o possano essere sottoposti a conseguenze indesiderate a causa della conoscenza da parte di terzi della particolare situazione personale.

Nel caso di benefici economici superiori a mille euro nell’anno solare, spetterà all’ente locale, titolare del trattamento, valutare quando le informazioni di contesto rivelino dati sulla salute ovvero l’esistenza di un disagio economico o sociale dell’interessato e non procedere, di conseguenza, alla pubblicazione di dati o altre informazioni idonee ad identificarlo. In ogni caso, nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati rispetto alla finalità perseguita, non risulta giustificato pubblicare dati quali, l’indirizzo di abitazione o la residenza, il codice fiscale, le coordinate bancarie dove sono accreditati i contributi o i benefici economici (codici IBAN), la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce dell’equivalente-Isee, l’indicazione di analitiche situazioni reddituali, di condizioni di bisogno o di peculiari situazioni abitative, etc.